Hit Man - Killer per caso - Recensione

Ma i sicari a pagamento esistono veramente?

Hit Man - Killer per caso - La recensione

C'è una scena nient'affatto casuale nel prologo di Hit Man - Killer per caso dove la voce fuori campo del protagonista commenta alcune vecchie pellicole sui sicari a pagamento, domandandosi come mai il pubblico s'illuda che questi personaggi esistano davvero e che possano essere ingaggiati da chiunque in un bar o in un ristorante qualsiasi. E quante volte siamo stati al gioco pure noi, "sospendendo l'incredulità" pur di accettare storie piene di assassini ultra-violenti ma con un volto "normalissimo" (per esempio nel recente The Killer di David Fincher), senza porci troppe domande sulla logica traballante di questa premessa!

L'attore Glen Powell si può definire una felice scoperta di Richard Linklater, che l'ha già diretto in Fast food nation e Tutti vogliono qualcosa.

Eppure, la gente deve crederci anche nella vita reale e oltre le suggestioni del grande schermo, perché Richard Winklater ha tratto il suo ultimo lavoro proprio dalla storia vera di Gary Johnson, un docente di filosofia reclutato casualmente come agente sotto copertura per incastrare mandanti di ogni tipo (mariti gelosi, trafficanti di droga, donne vittima di violenze coniugali, figli arrabbiati coi genitori), fingendosi appunto un pericoloso sicario. Anzi, interpretando ogni volta un profilo diverso di assassino per conformarsi meglio alle aspettative dei suoi "clienti".

Everyone wants some

Ce n'è abbastanza per un nuovo capitolo della filmografia di Linklater sulla ricerca dell'identità, qui richiamata dalle lezioni universitarie dove il protagonista cita in maniera un po' didascalica Freud e Nietzsche, evocando la lotta archetipa del super-io (il Gary iper-controllato del primo atto) contro le pulsioni più viscerali dell'inconscio, destinate a emergere con i suoi mascheramenti. Ne deriva, come unica filosofia possibile, l'accettazione del cambiamento perpetuo e il riconoscimento della propria inconoscibilità, ribaltando l'arco tipico del racconto di formazione in cui il personaggio principale matura una consapevolezza superiore di sé oppure una visione nuova del mondo.

Le scene erotiche tra Adria Arjona e Glen Powell occupano un minutaggio forse eccessivo ma sono funzionali a raccontare il cambiamento di Gary.

D'altronde, anche molti film precedenti di Linklater contraddicono consapevolmente la logica del "coming of age": La vita è un sogno e Tutti vogliono qualcosa fotografano infatti la confusione dell'adolescenza nell'ultimo giorno di scuola o durante la fine delle vacanze estive, mentre Boyhood segue Mason dalla nascita fino al college senza dare alcuna risposta definitiva sull'uomo che diventerà. Per non parlare di Waking life, Tape e A scanner darkly – Un oscuro scrutare, dove l'alter ego del filmaker si trasforma letteralmente in uno, nessuno, centomila personaggi possibili. Persino la trilogia formata da Prima dell'alba, Before sunset - Prima del tramonto e Before midnight mette in scena una continua ridefinizione dei ruoli all'interno della coppia, basata sulla costante scoperta dell'altro nelle varie fasi della storia d'amore.

Waking life

A forza d'indossare maschere, anche il protagonista di Hit man – Killer per caso ne resta fagocitato e si smarrisce nella sua nuova identità di sicario sciupafemmine. Oppure, più semplicemente, scopre per la prima volta chi è e cosa vuole davvero dalla vita. Sotto questo punto di vista la storia del film somiglia alla crisi di mezz'età di un tipico quarantenne divorziato, conformista, un po' noioso e solo apparentemente soddisfatto della propria esistenza, che mette tutto in discussione pur di trovare stimoli diversi (sessuali, relazionali, professionali) ma finisce vittima - come spesso succede - di un classico rigurgito tardoadolescenziale dove certi principi etici vengono barattati con un irresistibile desiderio di trasgressione, incarnato qui dalla sensualissima Adria Arjona. La co-protagonista non rappresenta comunque soltanto un "trigger" narrativo o una semplice posta in gioco, ma innesca un meccanismo da commedia degli equivoci con un retrogusto molto amaro sull'autenticità della vita di coppia.

Malgrado la sceneggiatura ponga problemi e implicazioni molto concrete, si fatica comunque a credere che il film sia stato tratto da una storia "più o meno vera", come recita invece il cartello nei titoli di testa: quando infatti l'intreccio ingrana sul serio dopo una prima parte forse un po' troppo situazionista, in cui la narrazione procede per accumulo di elementi grotteschi tra mandanti eccentrici e mascheramenti talvolta improbabili, Hit Man - Killer per caso diventa una specie di Mr & Mrs Smith riuscito meglio, anche (o, forse, soprattutto) in virtù della sua promessa di verosimiglianza. In realtà, esiste almeno una scena del film inventata di sana pianta da Linklater, per sua stessa ammissione, prima dei riconoscimenti finali.

Profilare il pubblico attraverso i suoi sicari

Il regista gioca a carte scoperte perché, in fondo, gli interessa provocare lo scetticismo degli spettatori con un congegno narrativo dichiaratamente sospeso tra resoconto e invenzione, dove il livello di lettura che funziona meglio è - ancora una volta - quello metalinguistico: i mascheramenti di Gary fatti su misura per i suoi mandanti riecheggiano infatti le aspettative di un pubblico anestetizzato alla finzione spacciata per realtà (nei social, in TV, sui giornali), tanto da fidarsi ormai solo delle storie cosiddette "vere". Ma a chi crediamo di più? Al sicario sentimentale di Leon o alla macchina disumana di Non è un paese per vecchi? E come si cucina l'ennesimo film sui killer a pagamento mantenendo alta la soglia dell'attenzione? Magari con un'attenta profilazione dell'audience, identificando quale assassino siamo ancora disposti a "ingaggiare", per proporci di nuovo lo stesso copione.

Hit Man - Killer per caso è disponibile al cinema.

Verdetto

Nonostante la brillantezza della messa in scena e la varietà dei registri narrativi, Hit Man - Killer per caso evoca una sensazione di "già visto" che il sottotesto metalinguistico dello script cavalca consapevolmente, fagocitando il discorso tanto caro al regista americano sulla perdita dell'identità: l'analisi sull'inconoscibilità dell'uomo resta infatti limitata alla superficie del racconto, malgrado le citazioni roboanti ma un po' troppo didascaliche di Freud, Kant e Nietzsche promettessero uno sguardo più contrastato. Non chiedevo certo un trattato filosofico a una commedia degli equivoci volutamente spensierata come questa, in cui l’autore si confronta brillantemente con un genere mainstream e un pubblico molto variegato; tuttavia, da Richard Linklater ci si aspetterebbe una sintesi tra la leggerezza dei toni e la capacità di approfondire un soggetto ricchissimo di implicazioni, sicuramente non scelto a caso. Invece, il suo ultimo lavoro resta "solo" un esempio di grande entertainment.

In questo articolo

Hit Man - Killer per caso

27 Giugno 2024

Hit Man - Killer per caso - La recensione

8
Buono
Intrattenimento di grande qualità con un soggetto sfiziosissimo seppur volutamente "già visto", cui manca il guizzo per diventare qualcosa di più.
Hit Man - Killer per caso